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Genitori a scuola

Il Centro Italiano di Promozione e di Assistenza per la Famiglia, l’A. Ge. – Associazione Genitori e l’Istituto di Ricerche e Studi sull’Educazione e la Famiglia hanno tenuto, presso la sede del Sodalizio degli Abruzzesi “ San Camillo de’ Lellis”, un seminario per genitori sul tema della collaborazione fra la scuola e la famiglia e per una migliore sensibilizzazione dell’opinione pubblica su quella che è ormai riconosciuta come vera e propria emergenza educativa dei giovani (ma non solo. Anzi!).

All’incontro, hanno partecipato il Vice Presidente del Secondo Municipio rappresentato dalla consigliera d.ssa Valentina Caracciolo, presidente della commissione Lavori Pubblici (edilizia scolastica); il dr. Romolo Pierangelini per l’A.Ge., già Vice Presidente della medesima nonché ex Presidente del Consiglio di Istituto del Liceo Giulio Cesare; la d.ssa Maria Luisa Marchesi-Trentini, docente e membro del Comitato scientifico dell’IRSEF la quale guida anche gli incontri per genitori che si tengono mensili presso il Sodalizio in collaborazione con il CIPAF; la d.ssa Alessandra Cavaterra per l’A.Ge. Roma “Genitori e Famiglia Protagonisti”, i cui soci da tempo sono impegnati nella ricerca e nella condivisione delle tematiche familiari.

Nell’introdurre e moderare gli interventi il Vice Presidente del Sodalizio degli Abruzzesi,, Avv. Piergiorgio Berardi ha sottolineato fra l’altro come nel contesto attuale, fatto, da un lato, di solitudine, di indifferenza, di lotta per la sopravvivenza e quindi di esplosione degli istinti peggiori, e dall’altro di apparente convivialismo, di superficialità, di rapporti c.d. liquidi, sia ipocrita riempirsi la bocca di etica, di rinnovamento della politica, di commissioni parlamentari sulla corruzione e nuove norme sulla violenza e sulla discriminazione e quant’altro, se non v’è la disponibilità a ricostituire un tessuto sociale sano ripartendo dalle radici, costituite dai valori tradizionalmente condivisi dalla nostra società e sui quali si fonda la nostra civiltà cristiana e dai fondamenti riconosciuti sanciti dalla nostra Costituzione.

Dai vari interventi si è così evidenziato che si parla tanto di “questione morale”, anche a seguito delle ultime vicende che tanto hanno appassionato e diviso l’opinione pubblica, ma il problema della “moralizzazione” dei rapporti umani non può che partire da lontano.

Dopo anni di globalizzazione dell’egoismo e dell’arrivismo, di globalizzazione della cultura dell’apparire a scapito della cultura, profonda, intima, dell’essere, è illusorio pensare che basti qualche legge, qualche provvedimento amministrativo o l’inasprimento delle pene, per risolvere i problemi gravi costituiti dall’invasione sempre più massiccia dell’egocentrismo che produce la violenza in famiglia e verso i soggetti più deboli, gli abusi sui minori, la sopraffazione, il carrierismo, ecc. e così induce i giovani a far propri tali falsi valori.

Occorre un’inversione di tendenza che non potrà che conseguire un radicamento, profondo, nell’animo del popolo innanzi tutto, e quindi dei suoi rappresentanti, dei dirigenti ecc., di valori veri, e non fatui quali la lealtà, il senso dell’onore, del dovere, della responsabilità, del rispetto della persona e contribuisca così al formarsi di sensibilità conseguenti che possano sviluppare nell’animo umano altri valori quali la solidarietà, l’accoglienza, l’amicizia, l’ascolto, la sussidiarietà.

Il problema è sopratutto culturale: vanno riacquisiti e valorizzati principi e norme di comportamento che sembrano desuete, ad esempio integrando e man mano sostituendo alla “cultura di diritti”, la “cultura del dovere”. Se ciascuno dei membri della comunità sociale adempisse correttamente, tempestivamente e con competenza al proprio dovere verso la comunità medesima e verso i suoi membri, ciascuno dei quali ri-conosiuto degno di considerazione e rispetto, sarebbero molto minori le tensioni sociali, le rivendicazioni ecc.

E’ un problema di educazione, non di provvedimenti amministrativi o legislativi.

Come tale non è risolvibile in tempi brevi e, accanto ad un’opera di sensibilizzazione di tutta la società è necessario RIPARTIRE DAI GIOVANI e sin dalla più tenera età.

Deve trattarsi di un’azione concentrica, dai tempi necessariamente lunghi, che coinvolga tutte le componenti educative: la famiglia, e quindi i genitori, la scuola, e quindi gli insegnanti, l’associazionismo e le altre istituzioni, ecclesiali e non, e quindi tutto il mondo del volontariato con i suoi educatori.

Oggi nessuno, e per prima la famiglia, non può sottrarsi al “coraggio” di educare, diventato il problema centrale della società:

1) La famiglia innanzi tutto, e quindi i genitori, che sono lasciati sempre più soli nonostante i principi sanciti dalla costituzione: “La Repubblica:

- riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio … il matrimonio è fondato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29) [ ...]

- agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art. 31) […]

- riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come individuo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2) […]

- è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio (art. 30) […]

- tutti sono tenuti a contribuire alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (art. 53)

Ognuno ha evidente dinanzi agli occhi ed avverte sulla sua pelle come lo Stato abbia (in)attuato sinora questi principi;

2) La scuola, che non può essere ridotta solo all’istruzione, e quindi gli insegnanti (alla cui stragrande maggioranza va dato atto degli immani sforzi compiuti quotidianamente per svolgere la missione e ai quali andrebbero forniti adeguati riconoscimento, gratificazione e soprattutto mezzi), ma deve riuscire ad assumere un ruolo e svolgere un servizio più alto che guardi all’educazione integrale della persona, in stretta collaborazione con i genitori, anche nell’ambito dell’educazione ai sentimenti e all’affettività in un esemplare rapporto fra generi, con specifico riferimento al tema della intereducazione/coeducazione che prevenga molte delle storture ancor oggi assolutamente evidenti e costituenti la vera causa dei comportamenti negativi e violenti che sono sotto gli occhi di tutti.

Se i genitori hanno bisogno della scuola per introdurre il ragazzo nella conoscenza dei saperi, per conquistare capacità critica e metodo di apprendimento, la scuola ha bisogno della famiglia per acquisire l’autorevolezza morale, per potenziare la motivazione allo studio, per rafforzare l’adesione ai valori di fondo senza i quali si perde di vista il perché del vivere e dello studiare.

I rappresentanti dell’A.Ge. hanno posto in rilievo come la riforma scolastica degli anni Settanta/Ottanta con l’introduzione degli organi collegiali ha avuto l’intuizione di un maggiore coinvolgimento dei genitori nel processo formativo, che però è rimasta per buona parte inattuata: da un lato per il malinteso senso della “partecipazione” da parte dei genitori che hanno preteso si svolgere un ruolo di controllo professionale e didattico e di rivendicazione, piuttosto che di sincera collaborazione; dall’altro la quasi totale chiusura del mondo della scuola nei confronti di quella che è stata vista piuttosto come prevaricazione ed ingerenza di persone inesperte e inadeguate, nella loro professionalità ed autonomia.

Ne è conseguita l’assoluta mancanza di collaborazione, salvo poche isole felici, con l’effetto di aumentare l’ incomprensione e la difficoltà di rapporti.

È indispensabile dunque impostare una vera collaborazione con i genitori, sviluppando l’attuale “patto educativo di corresponsabilità” (che, così come oggi è congegnato, riguarda più che altro gli aspetti della responsabilità civile e risarcitori) e costituisca vero momento e occasione di interazione per la crescita umana della personalità dei giovani.

Complementare all’attenzione di tutte le componenti addette all’educazione dei ragazzi, vi è la necessità di dotare i genitori, ma anche i docenti, degli strumenti concreti per il corretto funzionamento degli organi collegiali. Non di rado vi è un ritegno da parte delle famiglie a inserirsi pienamente nell’ambiente scolastico a causa della mancata conoscenza di temi come autonomia, POF, bilanci, regole, programmazione. La preparazione su tali argomenti attraverso incontri mirati aumenterebbe la consapevolezza del ruolo dei genitori sia nella gestione diretta del “bene comune scuola”, come pure nelle relazioni positive con dirigenti, insegnanti e personale della scuola;

3) Le associazioni giovanili, educative e ricreative, e prime di tutte quelle scoutistiche che, nell’attuale panorama, costituiscono, forse, ormai l’unico grande strumento del quale i genitori possono avvalersi nell’educazione dei figli. Lo Scoutismo è, infatti, unico a promuovere l’educazione integrale del giovane con un percorso che lo attrae e affascina sin dalla tenera di anni, lo coinvolge e lo entusiasma con lo spirito di avventura, valorizza la personalità del ragazzo con vari mezzi, quali la progressione, il senso di responsabilità, l’abitudine alla condivisione ecc. facendogli acquisire spontaneamente i valori della lealtà, del dovere, dell’altruismo, del servizio.

In conclusione ci si è augurati e, si è preso il corrispondente impegno ad operare, affinché la scuola diventi il centro aggregativo nel territorio dove tutte le “agenzie educative” - scuola, genitori, associazionismo - in sinergia possano operare unendo le loro forze per dare ai ragazzi strumenti validi per la loro crescita e l’acquisizione di quei valori, trovando anche forme nuove e più agili di utilizzazione delle strutture scolastiche che siano vive e aperte al territorio.

E’ necessario però che i genitori comprendano la valenza del loro associarsi e del valore aggiunto, della risorsa, che la famiglia può assumere nella società e per la società.

A fronte della scarsa considerazione che sinora hanno goduto i genitori in quanto tali nell’opinione pubblica (non così in altri Paesi europei) che ha prodotto quasi un complesso di inferiorità e di colpevolizzazione, quasi di autocommiserazione che ha spinto loro stessi, e la famiglia, a rintanarsi nelle mura domestiche, come se si potesse privatizzare il ruolo genitoriale che di per sé è, al contrario, pubblico cioè volto agli altri e al futuro, bisogna invertire la tendenza, bisogna sostenere la dimensione pubblica del ruolo genitoriale in linea con il riconoscimento e gli indirizzi della Costituzione.

Le nuove incombenze, date anche dal grave periodo di crisi non solo economica ma soprattutto etica e valoriale, devono indurre a ripensare l’esperienza familiare che vada oltre le mura domestiche, che esca dal privato per stabilire contatti con altre famiglie, per unirsi in gruppo, per costituire reti di solidarietà, stabilire rapporti con le istituzioni, onde superare la fase della famiglia nucleare e promuovere una nuova forma di famiglia post-nucleare: la “famiglia sociale” che si apre a relazioni più ampie e costruttive.

Le famiglie e i genitori devono rimboccarsi le maniche e fare la propria parte, assumersi le responsabilità.

La prima sfida che i genitori si trovano ad affrontare è rappresentata dall’educazione, dovuta alla caduta dei valori, al diffondersi del disagio esistenziale, all’accentuarsi delle contrapposizioni sociali. A questo fenomeno, che riguarda tutti i Paesi civili, genitori, scuola e associazionismo devono far fronte comune, con una “cultura delle virtù civiche” che comincia nella famiglia e continua nella scuola e in ogni altro luogo sociale atto a sostenere la coscienza civile dell’uomo e del cittadino.

Ciò porta a considerare che esiste una pedagogia dei genitori e di stili educativi che fanno della famiglia una risorsa educativa. La famiglia è l’ambiente più importante per preparare il bambino all’ingresso nei vari ambienti di vita, nella scuola e nella società.

Associarsi, costituire gruppi di genitori risponde all’esigenza di avere maggiori competenze, rafforza la fiducia e sicurezza, favorisce l’incontro positivo, abitua all’ascolto, fa emergere le potenzialità e i limiti personali con l’obbiettivo di fondo di migliorare la qualità della vita personale, familiare, scolastica e sociale. Molti di noi si sono associati perché “uniti si vince”, perché la componente dei genitori è esclusa dai momenti decisionali della nostra società. Se i genitori vogliono contare nelle scelte delle istituzioni, se vogliono dare continuità alla propria azione, se vogliono salvaguardare i risultati raggiunti con tanta fatica non hanno altra alternativa all’associarsi. Si dice che l’unione fa la forza in ogni campo, ma noi genitori siamo per tradizione degli inguaribili individualisti, con il risultato che la famiglia italiana è la più sperequata fra le famiglie europee nel fisco, nell’istruzione, come nell’assistenza.

La risposta è dunque quella di associarsi, come si fa in ogni altro ambiente di vita, dai lavoratori, agli artigiani, agli ambientalisti, ai professionisti. Associarsi.

 

 

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