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Famiglia al centro - Famiglia

Capita, nell’ambito delle nostre consulenze di essere un po’ confessori delle persone che si rivolgono al centro per avere un consiglio ed un aiuto per risolvere i problemi che spesso si pongono in ambito familiare. Tra questi, molti, sono persone religiose e praticanti che vivono con grande sofferenza e disagio i conflitti familiari, ancor più di chi si professa laico non riuscendo a conciliare gli insegnamenti del magistero in materia con la loro esperienza di vita attualmente conflittuale.

Pochi giorni fa abbiamo avuto la telefonata di una persona conosciuta da circa venti anni come pure l’altro coniuge, entrambi assidui praticanti e collaboratori della loro parrocchia nelle varie attività non solo formative e caritative, ma anche gestionali godendo della fiducia assoluta dell’anziano parroco ( che ora non è più fra noi). Vecchi amici, stimati e spesso, nella comunità, additati anche come esempio di vita cristianamente vissuta, come una giovane coppia modello.

Ebbene. La crisi coniugale è arrivata anche lì!

“Mio marito è diventata un’altra persona, da anni mi maltratta, praticamente in casa non ci rivolgiamo più la parola, se dobbiamo parlare delle necessità del figlio mi dice fai tu non voglio sapere niente, salvo poi arrabbiarsi e prendermi a parolacce perché secondo lui ho sbagliato. Regna il silenzio assoluto. Fa vita ormai a sé, torna a casa dal lavoro, mangia e riesce per rientrare quando io e il bambino siamo a letto. Ovviamente non dormiamo più nella stessa stanza e non abbiamo alcun momento di intimità da circa due anni e così via… “”ormai, poi, da quando ho confidato i nostri problemi a mia suocera (altrettanto assidua frequentatrice della sacrestia) anche lei mi odia perché le lo rovinato il figlio. Mio marito, poi, da quando ho parlato con la madre all’odio ha aggiunto disprezzo per aver messo in piazza i nostri problemi e rovinato la nostra immagine in quanto della cosa poi hanno saputo gli altri familiari e una ristretta cerchia di parenti ( tutti religiosissimi) ai quali ho chiesto aiuto visto il rifiuto di mia suocera”.

Il caso mi ha fatto tornare alla mente un altro, abbastanza simile, addirittura di alcuni membri di una grande e famosa comunità che in pratica avevano una doppia vita.

Una ufficiale, apparente, da ostentare ad uso del parentato e della comunità l’altra reale e vissuta nel chiuso delle mura domestiche.

E’ triste constatare come proprio da parte di persone che dovrebbero essere le più disponibili verso l’altro, e apparentemente lo sono, le contraddizioni esplodono in maniera più incisiva.

Quello che sorprende è, non tanto, la capacità di avere una doppia vita: una rivolta all’esterno, falsa ed apparente, tutta casa, lavoro, chiesa e attività religiose, l’altra reale, triste, conflittuale; quanto: come queste persone riescono a conciliare la loro contraddizione con l’autenticità imposta alla loro coscienza dalla nostra fede e come sia più assoluta la radicalità delle posizioni.

Eppure sono persone che parlano e approfondiscono le scritture, il magistero, che apparentemente sono aperte al confronto, all’accoglienza ecc.

Certamente nessuno può entrare nell’intimo dell’animo dell’altro se questi

“ bara” o aiutarlo se non vuole essere aiutato.

Allora cadono nel vuoto tutti i consigli professionali, le offerte di aiuto, le presenze, la possibilità della mediazione, l’invito a chiedere l’aiuto di uno psicologo, di un sacerdote, di un legale, di chi possa in qualche modo aiutarli a trovare la chiave per aprire il loro cuore divenuto di pietra nei confronti della persona con la quale si è cresciuti da ragazzi, ci si è formati agli stessi ideali, il richiamo alla responsabilità verso i figli, alla coscienza, alla Fede ecc.

Di fronte a tanta sicurezza, ti senti impotente. Viene da chiedersi come possano fare queste persone ad essere così categoriche e false, con se stessi prima che con gli altri. Dove sono tutti i “ principi” che sembravano maturati nel corso di anni di partecipazione alle attività giovanili di formazione?

Ritorna il problema della formazione alla famiglia. E’ sufficiente un corso accelerato, (meritorio, s’intende, nella più totale assenza delle istituzione in un campo che invece sarebbe primario quale la formazione al matrimonio) in vista del matrimonio? Obbligatorio! Che molti subiscono per via della tradizione di sposarsi in Chiesa.

Certamente alcuni episodi non possono indurre a indebite generalizzazioni. Però quello della formazione al matrimonio e alla famiglia è un problema che deve essere affrontato con più attenzione e sotto ottiche diverse sia dalle istituzioni ecclesiali che civili.

Certamente è innanzi tutto un problema di formazione alla famiglia e al matrimonio. Formazione remota e prossima.

Nell’una e nell’altra la testimonianza dei genitori e’ fondamentale

Prima forma di educazione è la testimonianza, l’ esempio. La testimonianza, anche silenziosa ma concreta, attiva, impegnata lascia il segno più delle parole.

 

Mediante la testimonianza i genitori aiutano i figli a riscoprire il senso del valore delle cose che i ragazzi invece trovano già belle e pronte, il valore della comunicazione e dell’ascolto. Prendere coscienza che nella Famiglia l’altro è soprattutto un dono. Il riferimento a Dio e ai valori cristiani non basta perché il problema dell’educazione travalica le convinzioni religiose esso vale per tutti, credenti e non.

Altrettanto importante è la matutazione nei singoli di un vero sentimento di accoglienza. L’ ACCOGLIENZA E’ FONDAMENTO DELLA FAMIGLIA per realizzare un progetto che sia unitario globale, duraturo.

Siamo portati a chiedere comprensione e accettazione dagli altri per noi stessi ma siamo sempre restii a darne.

Quante volte sentiamo amici, persone care, familiari o semplici conoscenti, o noi stessi, che rivendicare rispetto ed accettazione per come si è, il diritto di essere accettati: … “io sono fatto così. Mi devi accettare…” Quante altre, invece, sentiamo dire o diciamo “.. E’ fatto così lo devo accettare…”

Più che accettazione, penso manchi il sentimento dell’ascolto dell’altro e dell’accoglienza. Accolgo l’altro per costruire assieme un qualcosa di nuovo, per divenire ciascuno un altro diverso da quello che si era e che si sarà, in continua crescita e in continuo divenire. Sarete una sola carne ecc: ma anche nella natura e nelle società l’uomo e la donna unendosi costituivano una nuova realtà.

E’ il senso della vita nel matrimonio e in ogni altro rapporto vero e completo di amore: morire e rinascere continuamente in una costante dialettica con se stessi e con l’altro da sé. Che, popi è il mistero profondo della vita cristiana. Accogliere è più di accettare. La semplice accettazione per quello che si è comporta staticità nel rapporto con gli altri e con l’altro in particolare. Sviluppa incapacità ad evolversi e a migliorarsi proprio mentre oggi tutto è fluttuante, tutto è veloce e cambia in continuazione. Si parla di modernità liquida e di pensiero debole perché nulla è solido, duraturo, permanente, radicato. A differenza di ieri in cui ci si basava sulla stabilità dei rapporti, sulla fedeltà alla parola data.

 

Ascoltare, condividere, collaborare, accogliere. Tale dinamismo, favorisce lo sviluppo della COSCIENZA PERSONALE che non si trasmette geneticamente ma viene aiutata attraverso gli insegnamenti, la riflessione ecc.; della COSCIENZA FAMIGLIARE: della partecipazione al piano creativo: iniziazione all’amore, quale tirocinio del senso della complementarietà e della compartecipazione; iniziazione al senso critico è il primo luogo dell’esperienza del contatto con le varie situazioni della vita; iniziazione alla legge interiore come acquisizione del senso di responsabilità di convinzioni radicate nei principi cui la famiglia educa; iniziazione all’autenticità della persona: aiutando le persone a liberarsi dai condizionamenti in un ambiente libero e solidale.

La Famiglia è luogo per eccellenza della sussidiarietà dove ci si aiuta imparando a prevenire i desidri e i bisogni dell’altro.

Se tutto ciò è vero, come è possibile che persone che per una vita hanno vissuto nell’ambito ecclesiale, che per anni hanno maturato questa visione della famiglia, ad un certo punto della loro vita dimentichino tutto, non solo, ma addirittura scoprono quei sentimenti di inimicizia, di rancore, di conflitto che sono tutto il contrario di ciò che hanno testimoniato in passato e ancora oggi apparentemente testimoniano?

Non sarà opportuno ripensare i percorsi di formazione prossima alla famiglia e al matrimonio? O inventarne di nuovi ove, accanto agli aspetti più propriamente religiosi e morali, i nubendi vengano messi più duramente ed efficacemente a confronto con gli aspetti oggi più devastanti, dell’intesa psicologica e sessuale, della necessità di intendersi su aspetti pratici,e meno piacevoli, della vita coniugale?

 

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